domenica, 14 gennaio 2007

sottovoce, come piace a noi

Già, l'unica speranza forse è proprio in quella massa silenziosa e inerte, che un giorno per sbaglio potrebbe svegliarsi.

But it was all right, everything was all right, the struggle was finished. He had won the victory over himself. He loved Big Brother.


venerdì, 5 gennaio 2007

prati di tivo - madonnina dell'arapietra


Per sopravvivere in montagna serve avere il tempo dalla propria parte.
Tempo meteorologico o tempo e basta, l'importante è avere uno dei due.

Può capitare che il cinque gennaio si decida di fare un'escursione in una zona ancora nuova, il Gran Sasso, zona Prati di Tivo (comune di Pietracamela, 1500 metri). Tempo molto incerto: verso le 8.00, pioggia o nevischio a seconda della quota, freddo non eccessivo ma visibilità piuttosto bassa (non più di cinquanta metri, forse molti meno), poca neve. Equipaggiamento: scarponi estivi (un po' rigidi e un po' impermeabili, ma pur sempre estivi), vestiti caldi, una piccozza dovesse servire, bastoncini telescopici da escursionismo (sempre estivo).

La meta sarebbe la Madonnina dell'Arapietra, poco più di 2000 metri. Le scarsissime fonti su Internet parlano di percorso turistico, in estate, e di ciaspolata non difficile d'inverno. E' collegata con una seggiovia - chiusa, visto il tempo e l'innevamento scarso - agli alberghi di Prati di Tivo. Seicento metri di dislivello con un percorso estivo non segnalato.

Le condizioni meteo e il consiglio di un alpinista e due Carabinieri, ci spingono a salire direttamente seguendo la seggiovia, o mantenendola comunque bene sott'occhio. Si arranca per una mezz'ora, una breve sosta e ancora a far traccia su una neve spessa da cinque centimetri a circa mezzo metro, fino alla stazione intermedia. Lì le cose si complicano: la pendenza si fa più impegnativa, tanto da doversi aiutare con le mani; più avanti, bisogna cercare l'itinerario più sicuro, facendo attenzione a mantenere in vista piloni e cavi che scompaiono nelle nuvole, e soprattutto facendo attenzione a non scivolare, perché la pendenza non è poca e si cadrebbe per un bel po', con tutti i rischi del caso.

Più su, neve ghiacciata da evitare assolutamente, appoggi erbosi un po' scivolosi, qualche chiazza di roccia da superare con qualche difficoltà (ghiaccio). Il pendio è sempre più erto (non a caso ci hanno fatto una funivia), il rischio di scivolare crescente (gli appoggi sono quelli che sono), la caduta che ne conseguirebbe più pericolosa.

In montagna, come nella vita, bisogna avere il coraggio rinunciare. Dopo due ore e mezzo dalla partenza, a pochi metri di dislivello dalla meta (questo però si scopre dopo, al parcheggio: contare i piloni prima di partire sarebbe stato doveroso, vista la scarsissima visibilità), dietro-front. Poche cose sono difficili come cambiare verso di marcia, in un pendio innevato del genere: una di queste è dover proseguire parzialmente per la via di salita, ma al contrario. Bisogna poi cercare un'altra strada, per evitare le difficoltà quella di andata (ripida!) ma senza distanziarsi troppo dall'unico punto di riferimento nell'invisibilità circostante, la funivia. E quindi, giù alla ricerca di neve abbastanza alta da frenare, facendo attenzione ai punti in cui cambiare da destra a sinistra o da sinistra a destra, sfruttando il più possibile l'aderenza che possono dare cinque centimetri di neve su una zolla d'erba.

Ripido. Dopo un po', è un sollievo pure il freddo della neve nei calzini e dell'acqua nelle scarpe, se questo significa neve più alta e quindi presa maggiore. Giù, a destra e poi a sinistra e poi a piedi paralleli, con un lavoro di ginocchia e di equilibrio che porta, dopo non troppo, a ritrovare la stazione intermedia, la traccia dell'andata e, dopo un'ora e mezza dal dietrofront, la rassicurante banalità dei ragazzini che giocano sulla neve.


Cosa rimane? Una bella esperienza. Un forte dubbio che quella sia la strada consigliabile, d'inverno come d'estate. La consapevolezza che in montagna, col tempo brutto o potenzialmente tale, non ci si deve andare, e di che cosa comportano condizioni meteorologiche avverse. La conoscenza dei propri limiti, dei limiti e delle capacità dei compagni, di ambizioni e paure che nel gruppo devono conciliarsi, e che fanno esperienza. Un amore e un interesse crescente per la montagna, rispetto della montagna e, perché no, timore della montagna. Nuove teorie su come far asciugare gli scarponi fradici, su come si misura un pendìo, sul perché la tachicardia che ti sfianca all'inizio dopo un po' di metri è solo un ricordo. Curiosità su come si usi l'attrezzatura invernale (ramponi, piccozza, ciaspole e quant'altro), proposte e spunti per il futuro. Può capitare di perdere l'aggeggio di plastica che protegge becca e pala della piccozza, un aggeggio da sette euro e novanta, ma alla fine è stato divertente, è questo che conta. Dopo essere tornati sani e salvi a casa, certo, ed avere imparato qualcosa.