lunedì, 8 settembre 2008

c'era una volta l'amore ma ho dovuto ammazzarlo

Capita, a volte, di passare in libreria e sfogliare un libro che ti attrae, così, per la copertina, per il titolo, per qualcosa che al momento non ti è chiaro.
Capita anche di leggere qualche pagina o la fantomatica quarta di copertina, così come capita di richiuderlo e ritrovargli un posto nella pila polverosa di cose che non leggerai. Lo fai riflettendoci su una manciata di secondi, perché sai che un libro deve piacerti a pelle e quello effettivamente un po' ti stuzzica ma ormai l'hai già incastrato nella prigione consueta dell'ordine alfabetico.
Capita anche di tornare in libreria qualche giorno dopo, e riscoprire quelle pagine e quella quarta di copertina, e di prenderlo stavolta, stavolta senza rifletterci su.

C'era una volta l'amore ma ho dovuto ammazzarlo, di Efraim Medina Reyes. Uno dei più bei libri che ti possa capitare di leggere per sbaglio; cercargli altri aggettivi suonerebbe un po' patetico.


Uno si mette a scrivere perchè non è stato capace di picchiare un autista che l'ha reso ridicolo, perchè non ha fracassato i piatti in un ristorante, perchè non ha affrontato un poliziotto fuori di testa che insultava la sua ragazza, perchè non ha detto a sua madre quanto l'amava e la detestava, perchè non ha sputato in faccia ad un professore che diceva che la terra è rotonda, perchè si è fatto fregare il posto nella fila per il cinema, perchè non ha arte nè parte, perchè pensa che è un modo facile di diventare famoso e fare soldi, perchè se lo fanno buffoni come Garcìa Marquez e Mutis può farlo anche lui, perchè con i numeri non ci sa fare, perchè non vuole fare nè il medico nè l'avvocato, perchè è incazzato, perchè odia la gente e vuole insultarla. 

Uno si mette a scrivere perchè una ragazza carina gli ha detto che le piacevano gli scrittori, perchè ha bisogno di un alibi per non lavorare, perchè lo fa sentire superiore, perchè ha letto un paio di romanzi sul Far West e vuole entrare in concorrenza, perchè è un cowboy senza cavallo, perchè lo fanno scribacchini come Vargas Llosa, perchè non ha voce, perchè non ha senso del ritmo, perchè è stufo di farsi le seghe, perchè vuole portarsi a letto una donna ma non c'è verso, perchè pensa di avere qualcosa da dire, perchè scopre che le ragazze carine dicono che gli scrittori sono teneri ma poi escono con i mafiosi, perchè non gli lasciano mettere le mani addosso alle reginette di bellezza, perchè è magro come un chiodo e non c'è niente da fare, perchè ha paura di morire senza essersi scopato una ragazza carina, perchè se uno stronzo ipocrita come Vargas Llosa scrive può farlo chiunque, perchè sa che perde il suo tempo, perchè invidia quelle bertucce che appaiono in tivù e guadagnano milioni, perchè in mancanza di meglio vuole essere come Bukowski. 

Uno si mette a scrivere perchè non sa tirare di boxe e non ha fegato, perchè ha i denti storti e non può sorridere come vorrebbe, perchè per gli impotenti d'ogni sorta non c'è altra strada, perchè tutti i brutti sono scrittori o assassini e lui non è capace di far male a una mosca, perchè scrivere lo fa sentire importante, perchè per essere chiamati scrittori non c'è bisogno di scrivere bene e per essere chiamati figli di puttana fa lo stesso se si ha una madre che è una santa, perchè ha paura di andare alla deriva senza far nulla, perchè non può bere ogni sera, perchè ama Dio ma odia le associazioni senza fini di lucro, perchè non ha una ragazza, perchè non ci sono emozioni ma insulti, perchè a casa sua non c'è la televisione e la radio si è rotta, perchè la moglie del vicino è un bon bon, perchè ha paura di restare calvo e per questo evita gli specchi. Uno si mette a scrivere perchè non osa rapinare un supermercato, perchè ama la donna e lei è la fidanzata del gallo del quartiere, perchè non ci sono abbastanza riviste porno, perchè vuol fare qualcos'altro oltre a cagare e masturbarsi, perchè non è il gallo del quartieree non è neppure il più forte o il più spiritoso, perchè non è niente di niente, perchè non vale un cazzo, perchè se esce di casa lo fanno a pezzi, perchè sua madre urla tutto il tempo, perchè non ci sono nè illusioni nè luce alla fine del tunnel , perchè la sua mente vola basso e non sarà mai un altro Cioran, perchè non ha il coraggio di saltare, perchè non vuole la moglie brutta che si merita, perchè ha paura di morire senza avere assaggiato un bel culetto, perchè non ha padre nè amici nè fortuna, perchè non sa sputare come Clint Eastwood, perchè rimane impantanato tra una intenzione e l'altra, perchè c'era una volta l'amore ma ho dovuto ammazzarlo. 

Il bello è che scrivere non serve a nulla di ciò che uno vuole. Scrivere è un limite, un dolore, un difetto in più. Il bello è che dopo averlo fatto stai malissimo. Niente è cambiato, tutto rimane al suo posto (tranne i tuoi fottuti capelli), Pelè non torna in campo. Il brutto è che scrivi e Pambelé va al tappeto steso da un gringo, un gringo maledetto che è stato dentro per avere picchiato sua madre. Il brutto è che Pambelé non è la madre del gringo e - per quanto tu scriva - rimane al tappeto. Il bello è che scrivi e continui a sognare la moglie del vicino, sogni di afferrarla per le orecchie e darle una bella ripassata. Il brutto è che scrivere non ti guarisce dagli impulsi assassini, che rapinare un supermercato rimane il tuo obiettivo impossibile. Il brutto è che desideri ancora un amore indimenticabile. Il bello è che scrivere è un altro modo di cagare e masturbarsi. Il brutto è che leggi i grandi autori ma solo Bukowski ti rimane. Il brutto è che un giorno la ragazza carina viene a sapere che scrivi e lo stesso non si lascia scopare a morte. Il brutto è che scrivere serve a tutto quello che tu non vuoi. 
"Ciao mamma." 
"OH MIO DIO, Rep, hai le scarpe SPORCHE DI CACCA." 
"Non urlare, pulisco il pavimento." 
"TOGLITI DI LI', TORNA DA DOVE SEI VENUTO." 
"Va bene, mamma, ma non urlare." 
"NON STO URLANDO."