giovedì, 21 settembre 2006

parole da vendere

Ci sono libri che non serve leggerli.
Come Il treno d'Istanbul di Graham Greene. Non serve arrancare oltre pagina sedici. Non c'è bisogno di un segnalibro. Bastano le ultime tre righe della recensione:

Ogni fermata significa la fine di un'illusione, l'avvicinarsi inevitabile di una resa dei conti cui solo i più furbi ed egoisti, coloro che non amano e dimenticano, potranno sottrarsi.
Libri che vale la pena di leggere, come il divertente Il nostro agente all'Avana dello stesso Greene, ironici, appassionanti, completi allo stesso tempo. Così Una pistola in vendita, sempre suo.

Poi capitano cose come Almost Blue, di Lucarelli, o ancora Un giorno dopo l'altro. Meno sopportabili di Blu Notte. Il tono dopo un po' stomaca, la storia regge e interessa. Forse perché è meno distante da noi, quello che scrive, forse perché un giallo dove il detective si chiama Grazia è meno eroico, meno esotico, meno epico. Magari perché il libro estero è estero, è un altro mondo di nomi e sensazioni, e possiamo abbandonarci alla storia più facilmente. Alla fine, il libro è una storia.

Che poi leggere Come un romanzo di Pennac fa sempre bene.

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