domenica, 4 febbraio 2007

Roma di corsa

La mattina è diversa. Capita di ritrovarsi dalle parti del Celio, sotto un inaspettato sole di inizio febbraio, a guardare la domenica che si risveglia, lentamente. Ci sei tu che saranno dieci minuti buoni che salti da un marciapiede all'altro per non fermarti, e lì intorno ragazzini svegli da poco, gente che ha rispolverato una bicicletta, qualche turista.

C'è la città che corre. Quel mucchio di persone che normalmente guardi da lontano, là alle Terme di Caracalla, quando disgraziatamente il semaforo non vuole saperne di tornare verde. Ti ritrovi tra vite sconosciute - il tempo di incrociarle o superarle o farti superare - che non sono lì per caso: d'altronde fate tutti la stessa cosa, correte da qualcuno o lontano da qualcuno, correte per qualcosa, per ricordare, per dimenticare, semplicemente per correre.

Correte, già. E correndo il pensiero non scorre normalmente, è meno pesante, cadenzato dalla stanchezza che si fa sentire e dal rumore dei passi sulle foglie. La leggerezza dello schivare la pozzanghera, la leggerezza di quando il giro ricomincia ed incontri lo stesso tizio vestito di nero, di quando devi scegliere se fermarti a bere o passare a sinistra dell'albero e continuare. Una leggerezza che rende tutto così naturale, così semplice, perché l'unica fatica per cui c'è spazio è quella fisica, il resto non conta.

Così puoi accorgerti che dietro al Celio ci sono cose che non avevi notato. Strade dove vorresti abitare, palazzi inspiegabilmente simili a un castello, perfino un giardino dietro a uno dei tanti muri consacrati all'inutilità. Corri, ma non c'è fretta, e fai in tempo a riscoprire quel ritmo placido e cadenzato della vecchia che va a pranzo con le figlie, del padre in bici che si gira e aspetta il figlio, di lui e lei che l'ultimo giro lo fanno più di corsa, e ridono.

Fai in tempo a vedere quant'è più verde questa città - e non nel senso di parchi alberi e giardini - e quant'è diversa da quella che vivi normalmente, e magari a pensare che quella vera è proprio così, che dopotutto non è niente male.

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